di Giorgio Marota
La grandezza è nella semplicità. È nel sentirsi grati alla vita perché continua a offrirci la possibilità di trasformare la passione in un lavoro. «Io sono sempre quel bambino che gioca con la palla. Come faccio a non essere felice?».
È un Ivan Zaytsev autentico e puro, quasi spirituale, quello che intercettiamo al telefono durante il viaggio che da un weekend passato in famiglia lo riporta verso Milano, la sua nuova casa pallavolistica. «Mi sento bene, anzi sto bene. Vengo da un’estate fantastica e mi aspetta una stagione di mille emozioni. Resto iper critico nei miei confronti, quindi finché fisicamente non mi sentirò un mostro non potrò dire di essere tornato lo zar che conoscete».
La stagione del riposo per chi gioca soltanto nei palazzetti è stata per lui una montagna da scalare: la decisione di ritornare sulla sabbia, dove nel 2008 aveva già vinto uno scudetto, è sembrata un atto d’amore nei confronti del beach volley e, al tempo stesso, di ribellione nei confronti del mondo esterno. Fuori dalla sua anima guerriera c’era chi lo dava per finito, o quanto meno in fase calante. Ma Zaytsev ha dimostrato di essere un campione capace di rinnovarsi e accettare sfide sempre più complesse. Così, con Daniele Lupo, ha trionfato al Campionato italiano ed è tornato a cucirsi sul petto il tricolore. Finita qui? Macché. «È solo il primo step», promette lui. «Insieme al tecnico Marco Solustri ci eravamo detti di dover compiere tre clic: il primo era farmi sembrare un giocatore di beach e non un pallavolista che si muove a stento sulla sabbia che scotta, gli altri due sono cominciare a giocare al livello dei migliori del mondo e tornare alle Olimpiadi, il grande sogno che coltivo con Daniele fin dal primo giorno di lavoro insieme».
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