di Gian Luca Pasini

Una storia che viene da lontano. Molto lontano. E che vuole andare lontano. Duemila anni fa lo spettacolo erano gladiatori che combattevano fra di loro o contro belve feroci trasportate lì da angoli remoti del mondo allora conosciuto. Ma c’erano anche battute di caccia per celebrare la morte di qualche personaggio famoso. L’Arena di Verona è finita anche nelle pagine dell’Inferno di Dante Alighieri quando racconta delle lotte particolari a cui si poteva assistere ai suoi tempi. Per risolvere processi incerti gli interessati potevano valersi di lottatori professionisti, detti per l’appunto campioni. Il combattimento richiamava la cittadinanza a parteggiare per uno o l’altro dei lottatori e i combattenti, nudi e cosparsi di olio, decidevano con la forza le sorti del processo. Il 26 febbraio 1590 resterà nella storia dell’anfiteatro romano perché vi si tenne la prima giostra per cavalieri, una pratica che sarebbe andata avanti per oltre 150 anni. Mentre Napoleone Bonaparte vi assistette a una caccia dei tori, pratica molto in voga nelle piazze di quell’epoca in cui un toro (o in alcuni casi, buoi) si misurava con cani addestrati da macellai. I nostri tempi hanno conosciuto e introdotto spettacoli sportivi molto meno cruenti e certamente anche più esaltati per il pubblico, come l’arrivo trionfale di Francesco Moser, al termine di un Giro d’Italia del 1984 che lo vide concludere in maglia rosa per la prima e unica volta nella sua carriera. Quattro anni più tardi, alla vigilia dei Giochi di Seul 1988, la Federazione italiana portò fra gli antichi gradoni di marmo di epoca romana una partita di pallavolo storica: Unione Sovietica contro Stati Uniti, che proprio in quegli anni con Kiraly, Timmons e compagni erano diventati la squadra più forte del mondo.

Leggi l’articolo completo sul numero di luglio agosto di Pallavolo Supervolley