di Eleonora Cozzari
foto Davide Gennari-Galbiati

Non è stata solo la rivelazione di queste Olimpiadi, il volto nuovo, giovane e con del potenziale. Lei è l’eccezione, è quell’uno su mille. Forse anche meno. Perché se non ci metti passione, lavoro e costanza è sicuro che non arriverai lontano. Ma se anche ce li metti, e poi lo fai ancora e ancora, non è detto che ci riuscirai. Ditemi sinceramente: quante probabilità c’erano che una ragazza che non ha mai indossato la maglia della nazionale – e quando dico mai è mai – non una rappresentativa giovanile, non un Europeo Under 18 o un Mondiale Under 20. Non un collegiale allargato. Niente. Quante probabilità c’erano che una ragazza così andasse alle Olimpiadi di Parigi, scendesse in campo cinque partite su sei e vincesse l’oro olimpico? Di più, quante probabilità c’erano che Gaia Giovannini da San Giovanni in Persiceto fosse in campo nel momento più alto della pallavolo italiana? Quasi nessuna. Questa storia cinque mesi fa non esisteva. Potremmo parlarvi del sogno, del “se vuoi puoi”. Ma sarebbe retorico e falso. E lei a 22 anni non ha mai abboccato. Però a volte le probabilità non contano niente e come diceva Sherlock Holmes: “Una volta eliminato l’impossibile ciò che rimane, per quanto improbabile, deve essere la verità”. La verità è che Gaia Giovannini questa medaglia d’oro se l’è di gran lunga meritata. E noi, oggi, per amore di verità, raccontiamo la sua storia. «Da bambina facevo danza classica e moderna, ma più perché stavo con le mie amiche che perché mi piacesse. Lì vicino però c’era il palazzetto e un giorno ho detto a mio papà: posso andare a giocare a pallavolo? Mi ha folgorata subito. Ricordo ancora i miei primi due allenatori, erano padre e figlia. Dopo mi sono spostata a Bologna, avrò avuto 12-13 anni e l’allenatrice, Deborah Mazzoli, mi ha aiutata a crescere sia a livello tecnico che mentale. Poi ci sono stati Sergio Ardizzoni e all’Anderlini Roberta Maioli». Sì se li ricorda tutti e sì questa storia parte da lontano ma stavolta è il cuore del racconto. Perché Gaia è finita sulla copertina di Pallavolo Supervolley per l’oro olimpico, certo. Ma in questo caso, un caso unico, è come ci è arrivata che è insolito. «Non è una medaglia che può e deve cambiarmi. Anche se quella medaglia è l’oro olimpico. Sono giovane e spero di avere una carriera davanti. Certo, mi è capitato questo nella vita e me lo porterò per sempre dietro, ma è stato letteralmente solo l’inizio. Voglio migliorarmi ogni giorno, anche e soprattutto a livello mentale».

Leggi l’articolo completo sul numero di novembre di Pallavolo Supervolley