di Fabrizio Monari

Provate a visualizzare la scena. Mentre risponde alle domande del cronista, Eleonora Fersino è distratta da un evento inatteso e – per deformazione professionale, potremmo dire – scatta come un fulmine, gridando: “MIA!”. Ovviamente non è dal campo d’allenamento che rilascia questa intervista, e allora dov’è? Cosa sta facendo? Che cos’è che si è lanciata a salvare? Magari le chiavi di casa di un passante, che rischiavano di finire in un tombino? Niente di tutto questo: Mia è, semplicemente, la sua cagnolina. «Una Maltipoo – ci spiega – ossia un incrocio tra un Maltese e un cagnolino Toy. È con me da ottobre e mi assomiglia già tantissimo: vivace, mai ferma, iperattiva». Come l’azione di gioco, vista dalla prospettiva di un libero. Come la palla. “Mia!”, e via di scatto, per il campo e per il mondo. Quando si dice: la predestinazione.
Da poco ventiduenne, da circa due anni titolare in Serie A1 e cresciuta nella prestigiosa cantina – pardon, cantera – di Conegliano, Fersino è il libero emergente del momento: ha raccolto l’eredità pesante di Stefania Sansonna a Novara ed è sembrata a suo agio sin dal primo giorno, sin dalla prima palla ricevuta o difesa – anche se, a sentir lei, i salti di Che sia per chiamare una palla o l’attenzione della sua giovane cagnolina, la parola più utilizzata da Eleonora Fersino resta la stessa.
Di proprietà di Conegliano ma titolare a Novara lavora per sfruttare tutte le occasioni che il campo le concede qualità sono sempre dei piccoli traumi. «Ricordo il primo, enorme, proprio a Conegliano: passai improvvisamente dal campionato di B2 ai vertici assoluti del volley mondiale, alle trasferte in Champions League, alle giocate di Hill e Wolosz. Davanti a me c’era il punto di riferimento assoluto, Moki De Gennaro, la giocatrice che tuttora guardo quando provo a immaginarmi come e dove migliorare. Sono passati più di quattro anni ma ancora mi ricordo quello sbalzo assurdo tra due realtà, tra due livelli di gioco completamente diversi». Un salto evolutivo che Eleonora ha affrontato razionalizzando la situazione. «Mi sono detta: se mi hanno voluta qui è per un motivo. Ho pensato: hanno visto che ho qualcosa, vogliono farmi crescere, credono in me. Questo mi ha aiutato a vivere intensamente quella fase, e anche quella che vivo oggi. Sono quelli i pensieri che mi permettono di affrontare con sicurezza le occasioni che mi si presentano, e di migliorare».

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