di Camilla Cataldo

Idee chiare, mani morbide e personalità. Quella di Virginia Berasi è la storia di una gregaria diventata protagonista, quella di una ragazza che ogni anno ha fatto uno scatto in avanti e poi… Ha scelto di dire basta. Matura, soprattutto in campo dice lei, per certi versi anticonformista, sempre sorridente fuori dal rettangolo di gioco quanto “tignosa” (termine pesarese che rende l’idea) e concentrata sul taraflex. Dopo la salvezza ottenuta con Vallefoglia ha deciso di appendere le scarpette al chiodo. A 28 anni. Al termine della sua prima stagione in A1. Era partita come vice-Scola e si è ritrovata fissa nel sestetto. Tante emozioni contrastanti e una crescita che racconterà ai suoi eredi. «Quest’anno mi sembra di aver vissuto tante vite! Sbalzi forti, dalla sfiducia, tristezza, frustrazione alla rabbia fino alla determinazione, costanza, felicità, appagamento». Ripercorriamo i batticuori. «All’inizio ammetto che ho fatto molta fatica, devi abituarti al ritmo e alla potenza della A1. Pensavo di essere abbastanza brava in difesa ma non riuscivo a tenere gli attacchi di Kosheleva e Carcaces. Mi sono sentita in sfiducia, pensavo che nella massima serie mi fossero dovute dallo staff un certo tipo di attenzioni più personalizzate. Poi ho cambiato testa e marcia. Ho lavorato molto su me stessa, ho fatto quello scatto mentale e poi fisico-tecnico e mi sono ritrovata. La mia espressione di gioco in allenamento è migliorata, poi Scola si è infortunata ed io ero abbastanza pronta a livello personale, ma non a livello relazionale con le titolari. L’esperienza dei match mi ha aiutata e ho contribuito alla formazione di un bel gruppo per affrontare il girone di ritorno più consapevoli e unite. È il campo che allena la testa». Ed è arrivata la salvezza con una giornata di anticipo. «Un traguardo incredibile e meritato. Auguro alla società di crescere ancora, ha tutte le basi per diventare un grande club. Credo sia solo l’inizio di una possibile scalata».

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