di Eleonora Cozzari
Mi risponde al telefono senza portare in dote alcun problema. Non mette le mani avanti, non ha patemi o ansie particolari, non dice: di questo però non parlo, non aleggiano voglie di staccare, prendere tempo, allontanarsi. Semplicemente lei è qui, su questo pianeta e ha appena vinto una medaglia di bronzo. Non ci dovrebbe essere bisogno di sottolinearlo, eppure è così. Perché quello che ha travolto l’Italia nelle ultime 72 ore del Mondiale (di un Mondiale inutilmente lungo) ovvero tra la sconfitta con il Brasile del giovedì sera e la domenica, è stato fuori controllo, fuori misura e si è montato fino all’inverosimile. Lei invece è felice. Con riserva, d’accordo. Perché il risultato non era quello che voleva alla vigilia. Ma il muro che ha consegnato all’Italia quella medaglia (e anche i moltissimi altri prima, va detto) è il suo.
Ciao Anna, partiamo dalla vittoria con gli Stati Uniti? «Ecco magari, grazie. Perché devo essere sincera, non so quanta gente se ne sia accorta». Benissimo. Comincia così l’intervista a Anna Danesi, la miglior centrale del Mondiale. Una frase che la dice lunga su come hanno vissuto le azzurre le ore che hanno seguito il 3-0 inflitto agli Usa. Con altrettanta franchezza racconta. «All’inizio eravamo titubanti,
lo ammetto. Dopo una sconfitta come quella con il Brasile torni in campo con la voglia di rivalsa ma non sai che partita ti aspetta. Non sai come l’affronterai tu e come lo farà il tuo avversario. Vinto il primo set, nel secondo gli Stati Uniti ci hanno dato una mano e noi ci siamo gasate. Alla fine abbiamo portato a casa la vittoria netta».
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