di Eleonora Cozzari
«Io sono matta» dice allargando un sorriso che non vedo. «Non compio scelte facili, io mi complico la vita. E ci tengo a dirlo subito: ho deciso di venire a Kazan proprio perché in panchina c’era Zoran Terzic. Mi ispirava, ho sempre avuto la curiosità di averlo come allenatore. Quello che si dice di lui è vero. È duro, non ti fa un complimento, ma a me interessava proprio uno tosto, che mi facesse lavorare in maniera rigorosa e crescere. Il momento che hanno ripreso alcuni siti stranieri in cui durante un time out mi dice “stupida” non l’ho vissuto come un’offesa (la frase esatta è stata: “she’s clever, you are stupid”, ndr). In inglese hai a disposizione poche parole per farti capire e infatti in quel modo ho capito benissimo ciò che voleva dirmi. A fine partita abbiamo scherzato tranquillamente. Terzic è così, devi esserne consapevole».
Benvenuti nella (cover) story di Elena Pietrini, la seconda della sua carriera, a quattro anni esatti di distanza. «È vero, che coincidenza, ricordo che quando ci siamo sentite la prima volta era appena stato annunciato il lockdown». Questa storia comincia “In medias res”. Perché quello che mi spiazza ogni volta che intervisto questa ragazza è che i giri di parole con lei non funzionano. Non la raccontano, la falsano. Non la svelano, la snaturano. Lei non cerca un modo per sembrare migliore, Elena dice le cose esattamente come sono. Come sono per lei.
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