di Giorgio Marota
foto Fiorenzo Galbiati
Farsi ingannare dal suo volto angelico, dal sorriso spontaneo, dalla semplicità con cui parla in un inglese fluente e dagli occhi dolci è l’errore più banale che un’avversaria può commettere quando incrocia dall’altra parte della rete Isabelle Haak. Che di svedese ha certamente tutto, incluse la fisionomia e la ricerca della puntualità tecnica che sfora nella ricerca della perfezione, e a queste sue origini nordiche aggiunge la corazza mediterranea e la “garra” dei popoli sudamericani. C’è il mondo dentro questa giocatrice magnifica, collezionatrice di titoli e di record, capace di trasformarsi in una cannibale nei momenti che contano. E non solo. Il giorno dopo la vittoria dello scudetto più incredibile di sempre, arrivato per Conegliano al termine di una sofferenza lunga cinque partite e con il brivido di veder infrangere i sogni in Gara 4, lei pronuncia questa frase qui. «Peccato per la Champions League, non mi è andata giù l’eliminazione ai quarti di finale».
Anziché allentarsi, la motivazione è già ai massimi livelli per il 2023-24. L’opposto dell’Imoco ripudia in un certo senso la disperazione della sconfitta e le sue conseguenze, ma al tempo stesso la analizza scientificamente e considera i passi falsi come «delle straordinarie opportunità per crescere». Chapeau. A 23 anni ha la maturità di una veterana e non a caso sceglie tre aggettivi per descriversi. «Energetica, potente e gioiosa». Li approfondiamo con lei, in una chiacchierata “a caldo” che va oltre le qualità tecniche mostrate già in mondovisione. «Sono una donna energetica perché in campo non mollo mai e nella vita vado sempre di corsa senza fermarmi un attimo, potente perché cerco di esprimere la forza che sento dentro sul pallone quando attacco e gioiosa perché amo quello che faccio, sorrido spesso e vivo ogni sfida con entusiasmo».
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