di Giorgio Marota

Gabriele Laurenzano non sa ancora come andrà a finire, ma la speranza è tutta in quella stanza. Dove si respirano la storia, i trionfi, le notti magiche e alcune cavalcate spettacolari made in Trentino. Il libero arrivato dal Sud parla dalla sala dei trofei, avendo trovato tra le montagne delle Dolomiti il suo “Mezzogiorno di fuoco”. Lui è il più piccolino in mezzo a tanti giganti, ma come un abile scalatore sa il fatto suo e con pazienza sta raggiungendo la cima più alta. Voltandosi e osservando tutto il ben di dio d’oro e d’argento che lo circonda, intravede un’idea di futuro. «Qui ci sono le coppe di Trento, molte le ho vissute da bambino davanti alla tv sperando un giorno di diventare un giocatore di alto livello. Quando penso al mio percorso, spero che prima o poi possa esserci scritto anche il mio nome su uno di questi trofei». È arrivato all’Itas per restarci, dopo il rodaggio di una stagione con la maglia di Taranto. La sua vita è letteralmente cambiata nel giro di tre anni: prima della pandemia il classe 2003 era solo un giovane di bella speranza che divideva il suo tempo tra la scuola, la Serie B alla Materdomini e le categorie giovanili. Ma a Taranto serviva un secondo libero e lui ha detto “sì, vengo”. «Non pensavo che sarei arrivato qui in così poco tempo. Vincenzo Fanizza, il mio maestro, mi ha sempre insegnato a essere umile e la decisione di andare in Superlega l’ho presa con lui. Io ero titubante. Ma sono stato fortunato perché alla fine ho fatto il titolare e mi sono guadagnato Trento, dove ho trovato un altro maestro». Ovviamente alla chiamata di Angelo Lorenzetti, uno che sa lavorare i giovani come un fornaio con la farina, non ha esitato. «Era l’occasione della mia vita e con lui c’è un rapporto splendido, quasi da padre-figlio».

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