di Eleonora Cozzari
foto Fiorenzo Galbiati

In principio era il titolo di un saggio, precisamente dell’americana Lisa Levenstein, ma superato l’Atlantico nessuno lo sapeva. Poi è diventato il manifesto di una generazione: They didn’t see us coming, ovvero “Non ci hanno visto arrivare”. In questi giorni lo sentiamo pronunciare ovunque. E proprio perché è ovunque mi sono chiesta se esistesse un altro modo per dire così efficacemente l’esatto contrario. Perché efficaci, quelle parole, lo sono di certo. E vestono alla perfezione anche lo spirito e il nuovo corso della nazionale italiana di pallavolo: giovane, con caratteristiche diverse dal passato e che in appena dodici mesi è andata a prendersi, sbucando dal nulla e in barba ai pronostici, letteralmente il mondo. Ma questa non è una dissertazione sugli azzurri di Fefè De Giorgi, questa è la storia di Tommaso Rinaldi. E sarebbe un accosto opportunista, oggi, associare al ragazzo quel tipo di messaggio. Intanto perché a differenza dei vari Michieletto, Recine o Bottolo, lui di quella squadra non fa ancora parte. E poi, proprio perché il 21enne schiacciatore di Modena ha ritardato il suo ingresso in azzurro, i riflettori si sono già accesi su di lui. A furia di prestazioni maiuscole condite da 20 punti a partita. Quindi tutti sanno, tutti aspettano, tutti vogliono proprio vedere… come va a finire. Lo stesso De Giorgi non ne fa mistero, «Il campionato che sta facendo Rinaldi è molto interessante, avrebbe dovuto far parte del progetto già l’anno scorso, poi un problema fisico lo aveva bloccato».

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