di Piergiorgio Ferrari
Un bilancio positivo quello sullo stato di salute del sitting volley italiano al termine delle Paralimpiadi di Tokyo, dove le azzurre di Amauri Ribeiro sono state protagoniste della prima storica partecipazione ai Giochi per l’Italia in questa disciplina. Anche se i risultati potevano far togliere qualche soddisfazione in più, con un sesto posto che ha lasciato un po’ di amaro in bocca, si guarda con ottimismo al futuro per un movimento che in breve tempo è cresciuto in maniera importante, producendo una prima qualificazione a cinque cerchi con la nazionale femminile e una formazione maschile che si sta arricchendo di innesti importanti derivanti dall’attività di club in crescita negli ultimi anni. Serve esperienza, ne sono convinti Guido Pasciari, responsabile della disciplina paralimpica in Federazione e l’azzurra Silvia Biasi, ma serve anche un lavoro organizzativo importante, che coinvolga le istituzioni a tutti i livelli, non solo quelle sportive, per far avvicinare quante più persone possibile al sitting volley, uno sport che ha l’obiettivo di diventare sempre più inclusivo. In questo senso, si inserisce il piano programmatico presentato da Pasciari in consiglio federale, fondato su due pilastri: ampliare il più possibile l’attività di club e organizzare un movimento che sappia attuare un lavoro importante soprattutto dal punto di vista umano. Un lavoro in grado di mettere le sue fondamenta a partire dalla scuola, da sempre serbatoio fondamentale per la pallavolo italiana e che può diventarlo anche per il sitting, abbattendo barriere concettuali per raggiungere il duplice obiettivo di migliorare la vita delle persone attraverso lo sport e di ampliare il proprio bacino d’utenza per cercare di colmare il gap con i Paesi con più tradizione. Nelle parole dei protagonisti anche le sensazioni per obiettivi più a breve termine, come i Campionati europei che vedono impegnate in Turchia, dal 17 al 23 ottobre, entrambe le formazioni azzurre.
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