di Gian Luca Pasini
Max-Schmeling-Halle di Berlino, è il 15 settembre 2002. Con un’ultima schiacciata di Elisa Togut l’Italia allenata da Marco Bonitta (era arrivato l’anno prima, scelto da Carlo Magri, dopo i successi con la Foppapedretti Bergamo) conquista il titolo Mondiale, battendo in finale gli Stati Uniti che all’ultimo momento avevano fatto a meno di Keba Phipps. Appena quattro anni prima un quinto posto in Giappone era stato salutato come un grandissimo risultato. Nel mezzo c’era stata la nascita del Club Italia (voluto da Julio Velasco), la prima qualificazione olimpica (con Angiolino Frigoni sulla panchina) e ancora un Europeo giocato da protagonista, fino a sfiorare un’incredibile medaglia d’oro a Varna, sulle rive del Mar Nero. Insomma c’erano già tanti segnali che stesse per arrivare un passaggio di consegne con l’emisfero maschile (che arrivava da tre successi iridati consecutivi, dal 1990 al 1998). Un passaggio di consegne che seguiva quello numerico. Il mondo femminile (azzurro) non era più solo faro e guida nei tesseramenti e nelle società, ma si apprestava a conquistare anche la leadership del movimento di casa nostra in campo. Una svolta epocale che avrebbe cambiato la storia di questo sport. Appena una dozzina di anni dopo dalla prima grande medaglia internazionale (bronzo europeo, ancora in Germania, nel 1989), quando ancora si pensava che le ragazze italiane non potessero mai e poi mai competere con quelle dell’Est Europa (prima) e poi con quelle del resto del mondo, dalla Cina, al Brasile, agli Stati Uniti. Quella domenica pomeriggio, in un palasport berlinese, stava cambiando la storia. E cambiò veramente anche per tutta la squadra (capitanata da Manuela Leggeri) che aveva la regia di Eleonora Leo Lo Bianco. Anche lei rappresentante di una generazione di rinnovamento che avrebbe segnato un’epoca, non solo in quel 2002, ma soprattutto negli anni a venire.
Vent’anni dopo come è il ricordo di quell’oro Mondiale Leo?
«Contorni non sempre definiti, magari c’è qualche immagine un po’ sfuocata. Ma è ancora bello nitido nella fotografia generale. Alcuni momenti, poi, me li ricordo perfettamente: un Mondiale molto difficile con qualche alto e qualche basso. E poi con il botto finale che ci ha portato alla medaglia».
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